Un corretto stile di vita, un’arma efficace contro il cancro

Il cancro è un argomento all’ordine del giorno e largamente diffuso, che colpisce con forme diverse individui di ogni età e sesso. In Italia ne vengono diagnosticati 1000 nuovi casi al giorno. Si stima che nel nostro Paese vi siano nel corso dell’anno circa 363.000 nuove diagnosi di tumore, circa 194.400 (54%) fra gli uomini e circa 168.900 (46%) fra le donne. Lo affermano i dati dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) relativi al 2015. Ma ciò che lascia ben sperare è che negli ultimi anni sono complessivamente migliorate le percentuali di guarigione: il 63% delle donne e il 57% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi. Merito soprattutto della maggiore adesione alle campagne di screening , che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, e della maggiore efficacia delle terapie. Molti tumori potrebbero, infatti, essere prevenuti o diagnosticati in tempo se tutti adottassero uno stile di vita corretto e aderissero ai protocolli di screening e diagnosi precoce. E’ proprio su questo che medici, nutrizionisti e tutti gli esperti del settore stanno focalizzando la loro attenzione: ciò è segno di un’oncologia che sta cambiando modo di affrontare questo brutto male. Se prima non veniva data la giusta importanza alla prevenzione, oggi ha un ruolo fondamentale. Prevenire significa cercare di evitare o quantomeno ridurre tutti quelli che sono i fattori di rischio che potrebbero contribuire all’insorgenza della patologia. Nell’ambito della prevenzione primaria vi è il corretto stile di vita compresi alimentazione e sport. Infatti molti studi retrospettivi, condotti su pazienti malati e non, confermano che coloro che hanno seguito uno stile di vita più sano o sono non malati o hanno presentato la malattia più avanti nel tempo rispetto a coloro che non svolgevano attività fisica e che non seguivano un‘alimentazione corretta. Oltre alla prevenzione primaria oggi si presta molta attenzione alla cura della malattia non solo con l’utilizzo di farmaci; infatti uno degli ultimi studi svolto in Campania è quello dell’equipe di medici dalla Fondazione Pascale di Napoli in collaborazione con la Temple University di Philadelphia (Stati Uniti). Essi hanno condotto un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Cancer Biology & Therapy, che ha coinvolto all’incirca un centinaio di donne giovani, con età media o inferiore ai 45 anni. Dallo studio è emerso– in conformità con ricerche precedenti – che l’indice di massa corporea o BMI è un importante indicatore prognostico e predittivo, a breve e lungo termine, dell’efficacia di una chemioterapia neoadiuvante, effettuata cioè prima della chirurgia. Ovvero pazienti normopeso avrebbero probabilità di ottenere benefici terapeutici maggiorati anche del 22% rispetto a donne in sovrappeso o obese. Questo studio conferma che nelle donne giovani in chemioterapia preoperatoria con tumore del seno è fondamentale, più di altre, mantenere uno stato di forma fisica. A tal fine, diventa importantissimo correggere e/o cambiare il proprio stile di vita: prevedendo una dieta sana, ma soprattutto molto movimento, regolare e costante, pari cioè ad almeno 30 minuti di attività fisica per almeno due-tre volte alla settimana, meglio ancora se affiancati da uno stile di vita ‘attivo’ che preveda, quando possibile, la rinuncia all’uso di ascensori e scale mobili a favore di scale a piedi e favorire spostamenti a piedi o in bicicletta. Infatti, gli effetti dell’attività fisica, praticata durante e dopo un tumore del seno, diminuirebbero il rischio di ricadute del tumore (recidive) e di mortalità; ridurrebbero gli effetti collaterali delle terapie (sia la chemioterapia che la terapia ormonale) e tutelerebbero anche la stabilità psicologica, mettendo cioè la donna in terapia più al riparo dal rischio di episodi depressivi. Pertanto è possibile dedurre che l’attività fisica svolge un ruolo fondamentale nella lotta al tumore; ma un ruolo ancora più importante è svolto dalla corretta alimentazione, argomento di cui sarà ampliamente discusso nel prossimo articolo.

La colazione scopriamo perché è così importante

Un detto popolare dice “Colazione da re, pranzo da principe e cena da povero”. Ebbene, niente di più vero è racchiuso in questo aforisma che delinea perfettamente quelle che dovrebbero essere le nostre usanze alimentari. La colazione è il primo pasto che dà la carica e l’energia per iniziare ed affrontare la giornata. Secondo le linee guida per una corretta alimentazione, la colazione dovrebbe rappresentare il 20-25% dell’introito calorico giornaliero totale, con una adeguata ripartizione dei macronutrienti, proteine grassi e carboidrati.  Recenti sondaggi affermano che il 30% degli italiani salta o fa una colazione non adeguata, le motivazioni fornite sono le più svariate, “prendo un caffe al volo e scendo, non ho tempo!”, “la mattina non riesco a mangiare”, “saltando questo pasto dimagrisco” e così via.  Cosa c’è di vero o di giusto in queste affermazioni? Forse nulla, scopriamo il perché. Saltare la colazione non fa dimagrire.  Dopo diverse ore di digiuno notturno, durante il quale il nostro organismo ha consumato tanta energia per svolgere tutte le sue funzioni vitali, come ad esempio respirare, nutrire le cellule, far battere il cuore, insomma tutta una serie di azioni di cui non siamo coscienti, ha consumato le riserve di zucchero nel fegato che devono essere necessariamente ripristinate con la prima colazione. Prolungare il digiuno anche durante mattinata non fa dimagrire, anzi, per produrre energia necessaria a svolgere non solo le funzioni biologiche ma anche tutti i movimenti volontari come parlare, ridere, o muoversi, attraverso un meccanismo di compensazione si bruciano le proteine muscolari e in minor quantità il grasso di riserva. Ciò significa che non si dimagrisce ma si va a depletare la massa muscolare con conseguente riduzione del metabolismo basale; quindi a parità di introito calorico, una minor massa muscolare comporta un surplus energetico che si ripercuote in un accumulo di massa grassa. Inoltre una prima colazione adeguata aiuta ad aumentare il senso di sazietà durante tutto il giorno, favorendo la regolarità dei pasti. È ormai dimostrato che chi non fa colazione ha più difficoltà nel controllare il proprio peso e tende ad adottare abitudini alimentari scorrette, che possono portare poi a patologie anche gravi. Uno studio della Harward Medical School dice che coloro che fanno colazione presentano un rischio ridotto della metà di sviluppare obesità rispetto a coloro che invece la saltano”. Questo è connesso ad un senso di fame che si innesca durante la mattinata che spinge o a mangiare snack ipercalorici, pizzette, merendine e tutto ciò che ci si trova davanti, oppure si arriva affamati a casa e si ricorre ad un pranzo abbondante e ricco soprattutto in carboidrati. In tanti, soprattutto al sud Italia, prediligono una “ricca” colazione a base di una tazzina di espresso, purtroppo inconsapevolmente stanno arrecando solo un danno all’organismo. E’ noto che il caffè ha potenti attività nella stimolazione del metabolismo, ma preso a stomaco vuoto la sua azione è tutt’altro che benefica. La caffeina e le sostanze aromatiche presenti nel caffè decaffeinato stimolano la mucosa dello stomaco a produrre quantità maggiori di succo gastrico che può così irritare le pareti, soprattutto in periodi di grande affaticamento psicofisico (esami, superlavoro ecc.) provocando gastriti e forti bruciori di stomaco. Inoltre la caffeina, interferisce con la risposta ormonale, in particolar modo con la produzione di cortisolo, ormone dello stress, i cui livelli sono massimi durante le prime ore del mattino. Il nostro organismo finisce così per produrre meno cortisolo e fare più affidamento sulla caffeina, per mantenerci svegli. Quali alimenti scegliere? Latte o yogurt per fornire proteine, vitamine, sali minerali e zuccheri semplici; pane o fette biscottate o fiocchi di cereali o muesli come fonte di zuccheri complessi; frutta fresca o spremuta per aggiungere essenzialmente fibra e vitamine; frutta secca, ricca di antiossidanti, nutre e mette al riparo dall’invecchiamento e dai tumori. Infine si può aggiungere un poco di dolcezza con miele o marmellata e un effetto stimolante bevendo una tazza di caffè o tè.

Mangiare con Amore. Bastoncini di pesce, cosa c’è da sapere

La vita frenetica senza un attimo di pausa, ci costringe a risparmiare sempre più tempo, infatti spesso si ricorre ai Fast Food o ai cibi pronti. Un esempio su tutti sono i bastoncini di pesce. Dorati e appetitosi, i bastoncini piacciono proprio a tutti, grandi e piccini. Bastano pochi minuti in padella, al forno, o al microonde per esser pronti. In questo modo possiamo unire “l’utile” al “dilettevole”, quindi stiamo mangiando il tanto elogiato pesce con tutte le sue proprietà nutrizionali, e allo stesso tempo con una preparazione veloce e facile. Purtroppo non è tutto oro quel che luccica! Le pubblicità con i loro slogan ingannevoli fanno sì che i consumatori credano che si tratti di un prodotto sano ed equivalente al pesce fresco, ma la realtà è ben diversa. Anzi la differenza c’è, ed è notevole! Basta girare la confezione, dimenticare e per un attimo la foto che ritrae i gustosissimi e appetitosi bastoncini, e soffermarsi sulla tabella nutrizionale e sugli ingredienti. Solo il 50% del prodotto, quindi la metà, è pesce; l’altra metà contiene pan grattato, olio di colza, di palma, di girasole, amido di mais, curcuma, paprika, sale e destrosio. La lista di questi ingredienti ci fa capire che è assolutamente differente dal merluzzo che compriamo in pescheria. Un bastoncino di pesce, che pesa circa 25 g, fornisce 48 kcal di cui il 47% provengono da grassi, il 31% dai carboidrati e solo il 22% da proteine. Si tratta quindi di un prodotto molto più ricco in grassi e carboidrati che in proteine. Questa sostanziale differenza è dovuta alla croccante e gustosa impanatura. I bastoncini di pesce sono un prodotto industriale, vengono prima impanati e poi fritti in oli vegetali. Ciò che li rende così saporiti è anche l’elevata quantità di sale. Infine il forte colore arancione, quasi fosforescente, dell’impanatura è dovuto alla presenza di due spezie paprika e curcuma, forse gli unici ingredienti sani in questo mix! E’ consigliabile mangiare pesce almeno 3-4 volte a settimana, preferendo pesce azzurro fresco, come alici, sardine e sgombro. Il pesce azzurro anche se considerato un pesce povero e poco pregiato, è ricco di nutrienti di alto valore biologico come acidi grassi essenziali omega-3; inoltre è molto digeribile e raccomandato nella dieta di persone anziane, bambini sportivi, ed è anche un ottima fonte di proteine. Non va sottovalutata inoltre la ricchezza in iodio, fondamentale per un ottimale funzionamento della tiroide. Pertanto scegliere i bastoncini non equivale ad un secondo di pesce, ma ad un prodotto industriale a base di pesce che può essere considerato solo una sfiziosità. Basta un po’ di fantasia ai fornelli, e dedicare un po’più di tempo alla preparazione di gustose ed invitanti polpettine di merluzzo, hamburger di pesce spada o involtini di sogliola con un bel contorno di verdure, per creare un piatto leggero ed equilibrato ma soprattutto sano, che piacerà certamente a piccoli e grandi.

Visita specialistica andrologica

Di cosa si occupa l’andrologo?

visita specialistica andrologica

L’andrologo è il medico che si occupa della prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie dell’apparato genitale maschile, con particolare attenzione alla salute sessuale e riproduttiva dell’uomo. Pertanto, l’andrologo è per l’uomo quello che il ginecologo è per la donna e la visita specialistica andrologica è riservata agli uomini.

Ad oggi non esiste una specializzazione in Andrologia in Italia, pertanto l’andrologo è in genere un urologo (o un endocrinologo) che si è perfezionato tramite corsi, congressi, master ed esperienza clinica in andrologia.

L’apparato genitale maschile

L’andrologo, come detto, è il medico dell’apparato genitale maschile. Appare pertanto utile definire gli organi di sua competenza, in quanto, se un paziente ha una patologia/disturbo a carico di uno di questi organi, l’andrologo è il medico a cui si dovrebbe rivolgere, andrebbe cioè effettuata una visita andrologica.

apparato-genitale-maschile
  • Pene: l’organo riproduttivo maschile
  • Testicoli: due organi posti all’interno dello scroto che producono spermatozoi (le cellule necessarie per la fecondazione dell’ovulo femminile) e testosterone (un importante ormone sessuale maschile)
  • Epididimi: due organi localizzati dietro ai testicoli all’interno dei quali avviene la maturazione degli spermatozoi che li rende capaci di muoversi e fecondare l’ovulo femminile
  • Prostata: ghiandola posta sotto la vescica ed esplorabile tramite il retto che produce una parte del liquido seminale
  • Vescicole seminali: due organi collocati alla base della prostata che producono la maggior parte del liquido seminale

Cos’è la visita specialistica andrologica?

La visita andrologica è la visita medica che viene effettuata dall’andrologo. Durante tale visita, l’andrologo indaga lo stato di salute dell’apparato genitale maschile.

Lo scopo della visita andrologica è fornire al paziente informazioni dettagliate riguardanti lo stato di salute del suo apparato genitale ed eventualmente prescrivere gli accertamenti diagnostici o le misure terapeutiche più appropriate per risolvere la problematica del paziente.

Quando è indicata la visita specialistica andrologica?

Dovresti sottoporti ad una visita specialistica andrologica per la diagnosi e/o il trattamento delle seguenti condizioni:

  • Disfunzione erettile
  • Eiaculazione precoce (o altri problemi legati alla eiaculazione)
  • Infertilità maschile
  • Pene curvo
  • Fimosi
  • Frenulo corto
  • Varicocele
  • Idrocele
  • Condilomi
  • Malattie sessualmente trasmissibili
  • Lesioni del pene
  • Tumore del testicolo
  • Dolore ai testicoli
  • Dolore o bruciore al pene

Come prepararsi alla visita specialistica andrologica?

Se sei ad una “prima visita” l’andrologo ancora non conosce te, il tuo stato di salute generale e soprattutto la tua storia medica andrologica. Per aiutarlo a comprendere bene i tuoi problemi (e dunque per ricevere la migliore assistenza possibile) ricordati di portare con te tutta la documentazione medica in tuo possesso e la lista dei farmaci che assumi regolarmente.

documentazione

Se sei ad una “visita di controllo” (e dunque già sei stato precedentemente a visita dallo stesso andrologo), ricorda comunque di portare con te il referto dell’ultima visita effettuata oltre ai referti di tutti gli esami diagnostici richiesti dall’andrologo durante l’ultima visita. Il referto dell’ultima visita effettuata è fondamentale perchè è impossibile ricordare con precisione la storia di ogni singolo paziente e ricostruirla ogni volta da zero può essere difficile e comportare una notevole perdita di tempo.

 

Alcune importanti regole generali:

  • La documentazione più importante da portare con te ovviamente è quella andrologica (precedenti visite, referti di esami, prescrizioni di trattamenti eseguiti), ma se hai dubbi in merito porta sempre tutta la documentazione con te
  • Il fatto che l’andrologo abbia già visto un documento/referto non vuol dire che non avrà bisogno di rivederlo, pertanto portalo comunque sempre con te
  • Ricorda che sarai di fronte ad un medico, perciò non avere timore di fare tutte le domande che ti vengono in mente e non vergognarti di parlare di problematiche inerenti la sfera sessuale
  • L’igiene intima è una buona norma in ogni occasione, soprattutto prima di una visita medica

Come si svolge una prima visita specialistica andrologica?

anamnesi

Nella prima parte della visita (anamnesi), l’andrologo intervista il paziente raccogliendo il maggior numero di informazioni possibili sulla sua storia clinica e la sua attuale condizione andrologica. L’andrologo inizia la visita andrologica generalmente chiedendo al paziente quale sia il motivo dell’appuntamento, dopodichè con domande mirate cerca di indagare i sintomi e risalire alle cause/fattori di rischio che potrebbero aver portato ai disturbi lamentati dal paziente.

La seconda parte della visita (esame obiettivo) consiste nell’esame clinico del paziente. Durante questa fase l’andrologo osserva e palpa l’area genitale maschile alla ricerca di eventuali alterazioni, sulla base delle informazioni raccolte nella fase precedente. Se necessario, in questa parte della visita si svolge l’esplorazione rettale per la valutazione della prostata.

Nell’ultima parte della visita, a seconda dei dati ottenuti, al paziente potranno essere prescritti ulteriori esami diagnostici (es: esami del sangue, esame del liquido seminale, ecografia) e/o fornite specifiche indicazioni terapeutiche (es: integratori, farmaci, intervento chirurgico), mettendolo a conoscenza delle eventuali alternative possibili, ciascuna con i propri pro e contro.

Durante tutte le fasi della visita, l’andrologo fornisce in modo completo, dettagliato chiaro e semplice tutte le spiegazioni necessarie alla corretta comprensione del suo stato di salute da parte del paziente.

Controindicazioni alla visita specialistica andrologica

La visita andrologica non presenta alcuna controindicazionené rischi di alcun tipo.

Eiaculazione precoce

Definizione

tempo

La eiaculazione precoce è una disfunzione sessuale maschile caratterizzata da:

  • Eiaculazione che avviene sempre o quasi sempre entro circa 1 minuto di penetrazione vaginale dalla prima esperienza sessuale, oppure riduzione significativa della durata con eiaculazione che avviene spesso in circa 3 minuti o meno
  • Incapacità di ritardare l’eiaculazione in tutte o quasi tutte le penetrazioni vaginali
  • Conseguenze personali negative come sofferenza, fastidio, frustrazione e/o evitamento di intimità sessuale

 

Classificazione

Si possono distinguere due forme principali di eiaculazione precoce:

  • Primaria (lifelong): presente dal primo rapporto sessuale
  • Secondaria (acquisita): insorta dopo un periodo in cui il disturbo non era presente (con durata normale)

 

Altre forme specifiche:

  • Ante portam: eiaculazione prima della penetrazione vaginale. É considerata la forma più severa di eiaculazione precoce
  • Variabile: eiaculazione precoce che si verifica irregolarmente. Rappresenta una normale variazione della performance sessuale di ogni individuo
  • Soggettiva: percezione soggettiva di eiaculazione precoce in presenza di un normale tempo di latenza eiaculatoria

 

Frequenza

La reale prevalenza è difficile da valutare dato che meno del 10% dei pazienti affetti da eiaculazione precoce si rivolge al medico e la definizione e gli strumenti utilizzati per la diagnosi possono variare. Certamente la eiaculazione precoce è una delle disfunzioni sessuali più comuni dell’uomo. Alcuni studi hanno segnalato una prevalenza anche del 30-60% nella popolazione, tuttavia ricerche più recenti hanno stimato una prevalenza di circa il 4-10%. La prevalenza non sembra influenzata significativamente dall’età.

 

Fattori di rischio per eiaculazione precoce

  • Disfunzione erettile. Come un cane che si morde la coda: la consapevolezza di soffrire di disfunzione erettile e la paura di perdere l’erezione ottenuta possono favorire la eiaculazione precoce, a loro volta la eiaculazione precoce e l’ansia da prestazione ad essa associata possono causare la disfunzione erettile.
  • Prostatite. Una elevata percentuale di pazienti con prostatite soffre di eiaculazione precoce.
  • Predisposizione genetica (in particolare per la forma primaria)
  • Disfunzioni tiroidee
  • Diabete
  • Obesità
  • Sedentarietà
  • Stress o problemi emotivi
  • Esperienze sessuali traumatiche

 

Diagnosi di eiaculazione precoce

  • Anamnesi medica e psicosessuale
  • Esame obiettivo: in particolare del pene ed eventualmente della prostata
  • Esami di laboratorio e neuro-psicologici: non indicati di routine

Per la diagnosi è fondamentale valutare il tempo di latenza eiaculatoria intravaginale (IELT), cioè il tempo tra la penetrazione vaginale e l’eiaculazione. Questo è determinato in genere sulla base dell’autovalutazione (stima) del paziente e della partner.

 

Terapia della eiaculazione precoce

Se coesistono disfunzione erettile o prostatite vanno trattate per prime, ciò potrebbe risolvere il problema della eiaculazione precoce senza ulteriori trattamenti.

 

Esistono numerose strategie che possono migliorare la durata del rapporto e perciò possono essere tentate prima di iniziare una terapia specifica per la eiaculazione precoce: masturbazione con eiaculazione prima del rapporto sessuale, preservativo ritardante, posizioni meno stimolanti durante il rapporto sessuale (es: uomo disteso e partner sopra).

 

Quando le suddette strategie da sole non sono sufficienti, si può ricorrere ad una terapia farmacologica:

  • Dapoxetina: farmaco appartenente alla classe degli SSRI a breve durata d’azione assunto per via orale al bisogno
  • Anestetici locali (es: lidocaina/prilocaina): applicati localmente al bisogno sotto forma di crema o spray
  • Altri farmaci: SSRI o clomipramina ad uso cronico, tramadolo al bisogno, iPDE5 (anche senza disfunzione erettile)

 

Un ruolo importante è assunto anche dalla terapia comportamentale/psicologica. In tale ambito, esistono alcune tecniche da praticare da soli o con la partner che possono aiutare a controllare meglio la eiaculazione e pertanto a migliorare la durata del rapporto. Alcuni esempi sono la tecnica stop-start e la tecnica squeeze.

 

Nei pazienti con frenulo breve la frenuloplastica può essere un’opzione terapeutica. Gli esercizi per la muscolatura del pavimento pelvico possono migliorare la durata del rapporto in pazienti selezionati.

 

Bibliografia

Calcoli renali

Definizione e frequenza

La calcolosi renale o urolitiasi è una condizione caratterizzata dalla presenza di calcoli (“pietre”) nelle vie urinarie. É molto diffusa nei paesi sviluppati, dove ne soffre oltre il 10% della popolazione.

 

Classificazione dei calcoli renali

I calcoli renali possono essere classificati sulla base di vari criteri, tra i più utilizzati ci sono:

  • Sede: caliceali (superiori, medi, inferiori), pelvici, ureterali (del tratto prossimale, medio, distale), vescicali
  • Grandezza: < 5 mm, 5-10 mm, 10-20 mm, > 20 mm
  • Composizione: ossalato di calcio, fosfato di calcio, acido urico, struvite (fosfato di ammonio e magnesio), cistina, ecc. I calcoli più frequenti sono quelli di calcio (70-80%) ed in particolare quelli composti da ossalato di calcio. I calcoli di struvite (10-15%) e quelli di acido urico (fino al 10%) sono altri calcoli abbastanza frequenti. I calcoli di struvite si associano ad infezioni delle vie urinarie da parte di batteri che producono un particolare enzima chiamato ureasi (tipicamente Proteus mirabilis), sono più comuni nelle donne (in quanto esse sono a maggiore rischio di infezioni urinarie) e possono occupare gran parte delle cavità renali assumendo il nome di calcoli a stampo o coralliformi.
  • Caratteristiche radiografiche: radiopachi (ossalato di calcio, fosfato di calcio), a scarsa radiopacità (cistina, struvite), radiotrasparenti (acido urico, ma anche xantina e farmaci). Il 90% dei calcoli è radiopaco.

 

Cause dei calcoli renali

I principali fattori di rischio associati alla formazione di calcoli renali sono:

  • Sesso maschile
  • Familiarità per calcolosi renale
  • Età compresa tra 30 e 50 anni
  • Malattie croniche: diabete, obesità, ipertensione
  • Disidratazione
  • Dieta squilibrata: eccesso di calcio o carenza di calcio, eccesso di sodio (sale), eccesso di proteine animali
  • Infezioni delle vie urinarie
  • Specifiche patologie acquisite o genetiche (ad esempio malattia di Crohn, gotta, iperparatiroidismo, cistinuria, xantinuria)
  • Alterazioni anatomiche o funzionali dell’apparato urinario
  • Alcuni farmaci

 

Formazione dei calcoli renali

Generalmente i calcoli si formano nei reni, poi eventualmente migrano nell’uretere, fino ad arrivare in alcuni casi in vescica.

Esistono diverse teorie sulla formazione dei calcoli, tra le più accreditate c’è la “teoria della supersaturazione“. Secondo questa teoria la calcolosi è dovuta all’aumento dei soluti e/o alla riduzione del solvente nelle urine. Questo comporta la formazione di cristalli, che con il tempo crescono, si uniscono, fino a formare i calcoli.

L’acidità delle urine (pH) può favorire la formazione dei calcoli in maniera variabile a seconda della loro composizione:

  • pH alcalino: struvite e fosfato di calcio
  • pH acido: acido urico, cistina ed ossalato di calcio

 

Sintomi dei calcoli renali

I calcoli renali sono spesso asintomatici, quindi la diagnosi molte volte è incidentale (ad esempio fatta grazie ad un’ecografia fatta per altri motivi).
Se i calcoli però migrano dal rene all’uretere e lo ostruiscono, può verificarsi una colica renale, cioè un dolore intensissimo (spesso paragonato al dolore da parto) che parte dalla regione lombare e si estende a fianco, inguine ed interno coscia, fino in alcuni casi allo scroto nell’uomo ed alle grandi labbra nella donna. Un calcolo renale che non ostruisce le vie urinarie può però causare anche sintomi più vaghi, come un senso di peso nella regione lombare o dei fianchi.

Se il calcolo è vicino allo sbocco dell’uretere in vescica può causare sintomi che ricordano a una cistite (urgenza, frequenza e bruciore mentre si urina). A volte inoltre si può riscontrare ematuria, cioè presenza di sangue nell’urina.

Nei casi più gravi il rene può risentire dell’ostruzione causata dai calcoli con insorgenza di insufficienza renale acuta o cronica. In alcuni casi si può associare un’infezione urinaria con comparsa di febbre, questa condizione può persino mettere a rischio la vita del paziente nelle sue forme più gravi (urosepsi).

 

Diagnosi dei calcoli renali

L’anamnesi e l’esame obiettivo permettono di formulare un primo sospetto diagnostico.

calcoli-renali

Il primo esame radiologico da eseguire è l’ecografia dell’apparato urinario, che permette di studiare reni e vescica (ma non gli ureteri) e di vedere tutti i tipi di calcoli. All’ecografia i calcoli renali si presentano tipicamente come corpi bianchi (iperecogeni) con cono d’ombra (nero) posteriore. In caso i calcoli siano in uretere e lo ostruiscano saranno visibili solo segni indiretti della loro presenza come la dilatazione del sistema calico-pielico (idronefrosi) a monte. La radiografia diretta dell’addome è utile per differenziare i calcoli radiopachi dai radiotrasparenti e può essere utilizzata per monitorare il paziente dopo il trattamento. La TAC dell’apparato urinario senza mezzo di contrasto è l’esame utilizzato per confermare la diagnosi dopo aver eseguito una ecografia. La TAC dell’apparato urinario con mezzo di contrasto (UroTAC) è invece fondamentale per la programmazione terapeutica, essa permette di studiare approfonditamente tutto il tratto urinario e di vedere tutti i tipi di calcoli.

È utile l’analisi laboratoristica del calcolo (espulso spontaneamente attraverso l’urina o dopo un trattamento), tanto in pazienti al primo episodio di calcolosi quanto in caso di recidiva.

Una valutazione metabolica specifica (ad esempio con dosaggio del paratormone, vitamina D, ecc.) è indicata solo nei pazienti ad alto rischio per la formazione di calcoli.

 

Prevenzione dei calcoli renali

A tutti i pazienti è consigliato uno stile di vita sano, caratterizzato da:

uomo che beve
  • Bere 2,5 – 3,0 litri d’acqua al giorno, frazionando l’acqua lungo tutta la giornata. Non è necessario un tipo particolare di acqua per effettuare una buona prevenzione
  • Dieta bilanciata, ricca di verdure, limitando il sale e le proteine animali
  • Svolgere regolarmente attività fisica e mantenere il peso entro i limiti della normalità

Inoltre, diversi farmaci possono essere utilizzati in pazienti ad alto rischio di formazione di calcoli per la prevenzione, ad esempio: citrato alcalino, sodio bicarbonato, allopurinolo, febuxostat, idroclorotiazide, ecc. Ovviamente il tipo di farmaco viene scelto sulla base delle caratteristiche del paziente e della calcolosi.

 

Terapia dei calcoli renali

Terapia della colica renale

farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come ad esempio ketorolac o metamizolo sono i farmaci di prima scelta in caso di colica renale. L’utilizzo di un antispastico NON migliora il controllo del dolore, anzi può essere controproducente ostacolando l’espulsione spontanea del calcolo.

In caso di fallimento della terapia medica è indicato il drenaggio delle urine o la rimozione del calcolo dall’uretere. Il drenaggio può essere effettuato tramite posizionamento di una nefrostomia (tubicino e busta delle urine posizionati sul fianco) o di uno stent ureterale (tubicino posizionato all’interno dell’apparato urinario per via endoscopica senza necessità di applicare una busta delle urine esterna).

 

Terapia in caso di emergenza

In alcuni casi la calcolosi renale può costituire un’emergenza, ciò avviene quando il calcolo provoca ostruzione urinaria con segni di infezione delle vie urinarie (tipicamente febbre) e/o mancata produzione di urina (anuria).

In condizione di emergenza è necessario adottare le seguenti misure:

  1. Drenaggio urgente delle urine (mediante posizionamento di una nefrostomia o di uno stent ureterale)
  2. Urinocoltura ed emocoltura
  3. Antibioticoterapia

Il trattamento del calcolo deve essere posticipato a dopo la risoluzione dell’eventuale quadro infettivo

 

Terapia specifica dei calcoli renali

Prima di pianificare ogni tipo di trattamento attivo è consigliata un’urinocoltura per identificare una eventuale infezione delle vie urinarie in atto e trattarla. Un’antibioticoprofilassi è sempre indicata prima della terapia endoscopica.

 

Trattamento conservativo (osservazione)

Nel caso di calcoli renali asintomatici, soprattutto se piccoli e posizionati in sede favorevole (ad esempio il gruppo caliceale inferiore), i pazienti possono essere sottoposti a controllo radiologico ogni 6-12 mesi. La crescita del calcolo, un’ostruzione, un’infezione, il dolore o la semplice preferenza del paziente sono indicazioni per passare ad un trattamento attivo.

 

Chemiolisi orale

Consiste nello scioglimento del calcolo mediante alcalinizzazione delle urine con un farmaco (citrato alcalino o sodio bicarbonato) assunto per via orale. È una terapia consigliata in pazienti selezionati con  calcoli di acido urico.

 

Terapia medica espulsiva

È indicata per i calcoli ureterali distali di dimensione uguale o superiore a 5 millimetri. Si utilizza tipicamente la tamsulosina (un farmaco normalmente utilizzato per la iperplasia prostatica benigna) che favorisce il rilassamento delle vie urinarie e quindi l’espulsione del calcolo.

 

Litotrissia extracorporea ad onde d’urto (ESWL)

È una tecnica non invasiva che si avvale di un macchinario (“litotritore”) tramite cui vengono generate delle onde d’urto che a partire dall’esterno del corpo raggiungono il calcolo causandone la frammentazione e la successiva espulsione spontanea attraverso l’urina. Possono essere necessarie più sedute di ESWL per la frammentazione completa del calcolo. Può teoricamente essere utilizzata per calcoli in qualsiasi sede dell’apparato urinario. Sono controindicazioni: gravidanza, aumentato rischio emorragico, infezioni delle vie urinarie, aneurismi nei pressi del calcolo da trattare, ostruzione anatomica del tratto urinario distale. L’obesità grave riduce la percentuale di successo di questa terapia.

 

Ureteroscopia (URS)

È una tecnica endoscopica in cui il medico si avvale di un ureteroscopio che viene inserito prima in uretra, poi in vescica ed infine nell’uretere, dove permette di vedere il calcolo e di frantumarlo tramite vari tipi di energia (ultrasonica, balistica, laser). Successivamente il medico asporta i frammenti più grandi tramite pinze o cestelli. Non ha particolari controindicazioni a parte le infezioni delle vie urinarie.

 

Chirurgia intrarenale retrograda (RIRS)

È una tecnica endoscopica in cui il medico si avvale di un ureterorenoscopio flessibile che viene inserito prima in uretra, poi in vescica, nell’uretere ed infine nelle cavità renali, dove permette di vedere il calcolo renale e di frantumarlo tramite energia laser. Successivamente il medico asporta i frammenti più grandi tramite pinze o cestelli. Non ha particolari controindicazioni a parte le infezioni delle vie urinarie. É una opzione terapeutica in caso di calcoli renali di dimensioni inferiori a 2 cm.

 

Nefrolitotrissia percutanea (PCNL)

È una tecnica endoscopica che prevede la puntura delle cavità renali e la successiva introduzione di un nefroscopio, questo permette di vedere il calcolo renale e di frantumarlo tramite vari tipi di energia. Successivamente il medico asporta i frammenti più grandi mediante pinze o cestelli. Le controindicazioni sono: aumentato rischio emorragico, infezioni delle vie urinarie, gravidanza, tumore renale, tumore nell’area presunta di accesso. L’obesità grave ne riduce il tasso di successo. É il trattamento di scelta in caso di calcoli renali di dimensioni superiori a 2 cm e quindi anche in caso di calcoli a stampo.

 

Litotomia

É l’intervento chirurgico che attraverso l’incisione di un organo (rene, uretere, vescica) permette di asportare i calcoli in esso contenuti. É indicata nei rari casi di fallimento dell’ESWL e delle procedure endourologiche, ed in genere è praticata per via laparoscopica.

 

Bibliografia

Iperplasia prostatica benigna

Definizione e frequenza

L’iperplasia prostatica benigna (abbreviata “IPB”) è una patologia benigna caratterizzata dall’aumento di volume della prostata. Comincia a svilupparsi a partire dai 40 anni e la sua frequenza aumenta con l’età, colpendo oltre l’80% della popolazione maschile con un’età superiore ad 80 anni.

Non esiste nessuna correlazione tra la IPB ed il tumore alla prostata.

 

apparato-genitale-maschile

La prostata

La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile il cui compito principale è quello di produrre una parte del liquido seminale che poi viene rilasciato durante l’eiaculazione. È situata al di sotto della vescica ed anteriormente al retto.
Normalmente la prostata ha un volume di circa 20-25 ml, essendo perciò grande all’incirca come una castagna.

 

Origine dell’Iperplasia Prostatica Benigna

L’IPB è causata da un aumento del numero delle cellule presenti nella prostata conseguente allo stimolo di un ormone chiamato diidrotestosterone. Le cellule aumentano di numero nella porzione della prostata più vicina al canale uretrale (“zona di transizione“). L’aumento di volume che ne deriva causa ostruzione vescicale e conseguentemente disturbi urinari. D’altra parte ilmuscolo vescicale (detrusore), nel tentativo di vincere l’ostruzione urinaria, si ispessisce (ipertrofizza) ed a lungo andare, se l’ostruzione non si risolve, tende a sfiancarsi causando disturbi urinari irritativi.

 

Sintomi dell’Iperplasia Prostatica Benigna

Uno o più dei seguenti sintomi sono caratteristici della IPB:

  • Getto urinario debole
  • Difficoltà ad iniziare ad urinare (passano alcuni secondi)
  • Sforzo per urinare (è necessaria una pressione addominale)
  • Sensazione di incompleto svuotamento della vescica
  • Gocciolamento quando si finisce di urinare
  • Necessità di alzarsi durante la notte per urinare
  • Necessità di urinare frequentemente durante la giornata
  • Sensazione di urgenza quando si deve urinare

La IPB può associarsi alla comparsa di diverticoli vescicali, calcoli vescicali, infezioni ricorrenti, ematuria (sangue nelle urine), svuotamento incompleto della vescica (ritenzione urinaria cronica), ed in alcuni casi può esitare nella totale impossibilità di svuotare la vescicare (ritenzione urinaria acuta) con necessità di posizionare un catetere vescicale.

 

Diagnosi dell’Iperplasia Prostatica Benigna

esplorazione rettale
  • L’anamnesi (intervista del paziente) permette di indagare i disturbi urinari del paziente
  • L’esplorazione rettale permette di constatare l’ingrandimento della prostata mediante un dito inserito nel retto
  • Il PSA è un esame del sangue che correla con il volume prostatico (prostate più grandi producono più PSA) ma soprattutto è utile ad escludere la presenza di un tumore coesistente
  • L’esame delle urine è utile ad identificare eventuali ulteriori patologie
  • L’uroflussimetria consiste nell’urinare all’interno di un imbuto che convoglia l’urina in un contenitore posto su una bilancia. Permette di valutare il flusso urinario (es: Qmax, il cui valore normale è > 15 mL/s)
  • L’ecografia viene effettuata prima e dopo che il paziente ha urinato, in questo modo si può misurare il residuo post-minzionale (quanta urina è rimasta nella vescica del paziente dopo aver urinato). L’ecografia permette anche di valutare l’eventuale presenza di calcoli o diverticoli vescicali.

 

Trattamento dell’Iperplasia Prostatica Benigna

Ad oggi è possibile adottare varie strategie terapeutiche nei pazienti con IPB.

 

Sorveglianza

Indicata in pazienti con sintomi lievi, soprattutto se questi non li infastidiscono particolarmente.

 

Modifica dello stile di vita

È sempre la prima linea di terapia. Alcuni esempi sono la riduzione dei liquidi bevuti in tarda serata e l’evitare di assumere sostanze con effetto diuretico (come alcool o caffè).

 

Trattamento medico

Si ricorre ad esso quando le sole modifiche dello stile di vita risultano inefficaci.
Il trattamento medico può prevedere la somministrazione di:

  • Fitoterapici (es: Serenoa repens). Molto utilizzati soprattutto in pazienti con sintomi più modesti. Ad oggi le evidenze sulla loro efficacia sono ancora limitate. Generalmente sono ben tollerati, non causando effetti collaterali significativi.
  • Alfa-litici (es: tamsulosina, silodosina, alfuzosina, terazosina). Agiscono entro poche ore dalla somministrazione rilassando la muscolatura della prostata, dell’uretra e del collo vescicale. Sono i farmaci di prima linea più utilizzati. Possono provocare ipotensione (soprattutto quando si passa da sdraiati ad in piedi) ed eiaculazione retrograda (al momento dell’orgasmo lo sperma non viene espulso all’esterno ma va in vescica).
  • Inibitori della 5-alfa reduttasi (es: finasteride e dutasteride). Agiscono dopo un periodo tra i 3 ed i 6 mesi dall’inizio della somministrazione riducendo il volume della prostata. Possono provocare disfunzione erettile e riduzione del desiderio. Vengono utilizzati solo quando la prostata è abbastanza grande (>40 mL). In genere vengono prescritti come seconda linea di trattamento in associazione agli alfa-litici.
  • Altri farmaci come antimuscarinici (es: solifenacina) ed i beta-3 agonisti (es: mirabegron) rilassano il muscolo vescicale, essendo utili soprattutto in pazienti con sintomi urinari prevalentemente irritativi (es: urgenza, frequenza). Possono causare secchezza di bocca ed occhi e stipsi. Possono scatenare una ritenzione urinaria acuta in pazienti che non svuotano bene la vescica. Gli inibitori della fosfodiesterasi 5 (iPDE5) (es: tadalafil) favoriscono il rilassamento della muscolatura liscia di vescica, prostata ed uretra ed hanno anche un’effetto benefico sull’erezione. Possono essere particolarmente utili in pazienti con disfunzione erettile concomitante. Mal di testa e senso di congestione nasale sono alcuni effetti collaterali comuni di questi ultimi farmaci.

 

Trattamento chirurgico

È indicato in pazienti verso cui la terapia medica ha fallito oppure che presentano complicanze come calcoli vescicali, diverticoli vescicali, infezioni urinarie ricorrenti, ritenzioni urinarie acute ricorrenti.
La chirurgia può essere condotta per via endoscopica o aperta e la scelta del tipo di tecnica chirurgica dipende soprattutto dalle dimensioni della prostata:

  • Incisione transuretrale della prostata (TUIP): intervento endoscopico indicato in pazienti con prostata poco ingrandita (< 30 mL). Consiste in un’incisione ad ore 6 del collo vescicale per favorire il deflusso di urina. Se presente un lobo medio non è indicata.
  • Resezione transuretrale della prostata (TURP): intervento endoscopico indicato in pazienti con prostata modicamente ingrandita (30-80 mL). Consiste nel fare “a fettine” la prostata in eccesso. È l’intervento endoscopico più praticato per il trattamento dell’IPB. Causa nella maggior parte dei pazienti eiaculazione retrograda.
  • Enucleazione endoscopica laser: intervento endoscopico di prima scelta in pazienti con prostata molto ingrandita (>80 mL), ma anche valida alternativa alla TURP per le prostate modicamente ingrandite. Consiste nell’asportazione della prostata in eccesso in blocco (blocco unico o blocchi multipli). Questa tecnica prevede l’utilizzo di diversi tipi di laser (es. olmio, tullio, “greenlight”) sulla base dei quali assume un differente nome (es: HoLEP, ThuLEP, GreenLEP). Può causare eiaculazione retrograda.
  • Adenomectomia aperta: intervento che prevede una incisione della parete addominale con bisturi e l’asportazione in blocco di tutta la prostata in eccesso. Questa tecnica è associata a maggiore rischio di sanguinamento ed a tempi di ricovero più lunghi. Ad oggi è riservata solo ai pazienti con prostate molto grandi, soprattutto quando non è possibile effettuare l’enucleazione endoscopica laser.

 

In tutti i tipi di interventi chirurgici suddetti, non viene mai rimossa l’intera prostata, ma solo la parte ostruente (più vicina al canale uretrale). Pertanto i pazienti sottoposti a chirurgia dovranno continuare normalmente il programma di diagnosi precoce per il tumore della prostata mediante PSA ed esplorazione rettale periodici.

 

Bibliografia

Disfunzione erettile

Definizione e frequenza

La disfunzione erettile è l’incapacità persistente di ottenere e/o mantenere un’erezione necessaria per un rapporto sessuale soddisfacente. Pertanto si può distinguere una disfunzione erettile di ottenimento o di mantenimento.

L’impotenza non è altro che un altro nome con la quale si suole spesso denominare la disfunzione erettile.

In Italia ne soffrono circa 3 milioni di uomini (prevalenza globale del 13%), e la sua frequenza tende ad aumentare con l’età.

 

Cause della disfunzione erettile

La disfunzione erettile è associata a diversi fattori di rischio rientranti in diverse categorie:

  • Vascolari: ipertensione, ipercolesterolemia, obesità, diabete, fumo, sedentarietà.
    Questi sono i principali fattori di rischio della disfunzione erettile.
    È importante sottolineare che la frequenza delle malattie cardiovascolari è elevata nei pazienti con concomitante disfunzione erettile. Al contempo, la disfunzione erettile costituisce un indicatore precoce di malattie cardiovascolari.
  • Farmacologici: antipertensivi, antidepressivi, antiandrogeni od antipsicotici, sostanze voluttuarie (es. alcol, cocaina, eroina, marijuana, steroidi anabolizzanti)
  • Neurologici: malattia di Parkinson, sclerosi multipla, traumi spinali, ictus, diabete
  • Anatomici: fimosi, frenulo breve, curvatura del pene
  • Traumatici: frattura del pene, frattura della pelvi
  • Ormonali: ipogonadismo, iperprolattinemia, ipo-iper tiroidismo, ipo-iper cortisolismo
  • Psicologici: ansia, stress, conflittualità di coppia, traumi psicologici, depressione possono avere come conseguenza l’insorgere di disfunzione erettile, soprattutto nei più pazienti giovani

    Infine, anche la prostatectomia radicale può essere causa di disfunzione erettile, sia su base neurogena che vascolare.

Segnali d’allarme per la disfunzione erettile

Esistono alcuni segnali d’allarme che possono indicare il sopraggiungere della disfunzione erettile e che pertanto devono essere segnalati al medico. Tra questi troviamo:

  • Scomparsa delle erezioni spontanee al momento del risveglio al mattino
  • Diminuzione della massima rigidità del pene quando è erezione
  • Calo del desiderio sessuale

 

La diagnosi della disfunzione erettile

La disfunzione erettile può essere diagnosticata attraverso:

  • Anamnesi medica e psicosessuale (intervista al paziente): per definire le caratteristiche della disfunzione erettile e ricercarne le cause
  • Esame obiettivo: per valutare l’esistenza di alterazioni anatomiche del pene che possono avere come conseguenza la disfunzione erettile
  • Esami di laboratorio: glicemia, emoglobina glicata, livelli di colesterolo e trigliceridi, testosterone totale

Altri esami diagnostici specifici (es: studi ormonali, l’ecografia dinamica del pene, studi neurologici) sono indicati solo in pazienti selezionati

 

Il trattamento della disfunzione erettile

La prima cosa da fare è trattare le eventuali cause “curabili” di disfunzione erettile, come quelle ormonali (carenza di testosterone) o psicologiche.

La modifica dello stile di vita resta poi un cardine della terapia. L’esercizio fisico, una dieta sana ed equilibrata, il controllo del peso e smettere di fumare sono infatti fondamentali per migliorare la propria funzione erettile. In questo contesto, anche il controllo delle malattie che costituiscono un fattore di rischio per la disfunzione erettile deve essere scrupoloso (es: ipertensione, ipercolesterolemia, diabete).

La terapia specifica per la disfunzione erettile è strutturata classicamente in tre linee terapeutiche, una successiva all’altra in caso di fallimento della linea precedente. É bene sottolineare che affiancare alla terapia medica specifica un trattamento psicosessuale può massimizzare i risultati della terapia.

 

Prima linea

La prima linea terapeutica per la disfunzione erettile è costituita dall’assunzione di farmaci per via orale. I farmaci in questione appartengono alla famiglia degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5, che specificamente sono: sildenafil (Viagra®), tadalafil (Cialis®, Telefil®), vardenafil (Levitra®) e avanafil (Spedra®).

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Questi farmaci vengono venduti come compresse, tuttavia da alcuni anni è disponibile anche una formulazione orodispersibile di sildenafil costituita da un “francobollo” che si scioglie sulla lingua (Rabestrom®, Siler®).
L’assunzione di questi farmaci avviene generalmente qualche decina di minuti prima del rapporto sessuale, tuttavia il tadalafil grazie al suo prolungato effetto può essere assunto anche giornalmente o comunque a cadenza regolare (ciò permette di svincolare il rapporto sessuale dall’assunzione del farmaco). È fondamentale precisare che, perché si verifichi l’effetto dei farmaci orali è necessario uno stimolo sessuale.

Sebbene molti pazienti siano preoccupati dagli effetti collaterali di tali farmaci, generalmente sono ben tollerati, avendo come effetti collaterali più frequenti mal di testa, reflusso gastro-esofageo, congestione nasale e rossore al viso. In alcuni pazienti possono causare un calo transitorio della pressione arteriosa, non essendo comunque un effetto collaterale comune. Questi farmaci sono controindicati in chi fa uso di nitrati per problemi cardiaci, in chi ha gravi patologie cardiovascolari (in questo caso ad essere controindicato è in realtà il rapporto sessuale) ed in alcuni pazienti con specifiche patologie oculari.

Nel caso di pazienti anziani, con rapporti sessuali poco frequenti, con diverse patologie, e che richiedono un trattamento non invasivo può essere utilizzato come prima linea di terapia un dispositivo vacuum. Questo è costituito da un cilindro dentro cui si inserisce il pene, dopodichè manualmente o elettricamente viene fatto il vuoto all’interno del cilindro per indurre l’erezione, la quale viene mantenuta mediante l’apposizione di un anello stringente alla base del pene.

 

Seconda linea

Nel caso in cui il trattamento farmacologico orale per la disfunzione erettile non porti a risultati soddisfacenti, si può procedere all’iniezione di farmaci vasoattivi (tipicamente alprostadil) nei corpi cavernosi del pene. Il vantaggio di questi farmaci è che inducono l’erezione anche senza stimolazione sessuale del paziente. L’effetto collaterale più frequente è il dolore nel sito di iniezione. Infrequentemente possono causare priapismo ischemico, caratterizzato da una erezione persistente e dolorosa che richiede un pronto intervento per la sua risoluzione.

Attualmente, in alternativa alle iniezioni, in commercio sono presenti anche farmaci vasoattivi in crema ad applicazione intrauretrale (Vitaros®).

Terza linea

Nel caso in cui tutte le precedenti linee terapeutiche per la disfunzione erettile abbiano fallito, o se semplicemente il paziente vuole una soluzione definitiva, si può procedere con l’impianto chirurgico di una protesi peniena.
Esistono essenzialmente due tipi di protesi: malleabili ed idrauliche.
La protesi  peniena malleabile è costituita da due cilindri “modellabili”. Una volta impiantati, il pene sarà sempre in stato di semi-erezione ed il paziente potrà “piegare il pene” verso l’alto ogni volta che desidererà avere un rapporto, per poi ripiegarlo verso il basso al termine dell’attività sessuale.
La protesi peniena idraulica generalmente è costituita da tre componenti: i due cilindri nei corpi cavernosi del pene, la pompa nello scroto ed il serbatoio nella parte bassa dell’addome. Quando il paziente desidera un’erezione preme ripetutamente la pompa, che fa defluire il liquido contenuto nel serbatoio ai cilindri che pertanto si irrigidiscono generando l’erezione. Al termine del rapporto sessuale, il paziente può azionare una valvola a livello della pompa per far tornare il liquido dai cilindri al serbatorio, permettendo al pene di ritornare flaccido. La protesi idraulica permette di avere un’erezione con un meccanismo perciò più “naturale”.

La percentuale dei pazienti con disfunzione erettile soddisfatti dopo l’impianto di protesi peniene è estremamente elevata, ma ovviamente l’intervento non è scevro da possibili complicanze anche gravi.

 

Onde d’urto

onde d'urto disfunzione erettile

Le onde d’urto (Li-ESWT) sono un trattamento che ha lo scopo di “ripristinare” la normale vascolarizzazione del pene, fungendo pertanto come una sorta di terapia riabilitativa. Sono indicate in pazienti con disfunzione erettile di origine vascolare di gravità lieve o poco responsiva ai farmaci orali. In generale possono essere proposte, quando indicate, se il paziente chiede una soluzione definitiva ma non vuole essere sottoposto ad intervento di posizionamento di protesi peniena.

Il trattamento consiste in varie sessioni in cui il pene è esposto ad onde meccaniche che hanno lo scopo di stimolare la formazione di nuovi vasi sanguigni all’interno di esso.
Il trattamento è indolore e generalmente non associato a effetti collaterali rilevanti. I risultati diventano visibili nei mesi successivi alla terapia.

 

Bibliografia

Visita specialistica urologica

Di cosa si occupa l’urologo?

L’urologo è il medico specializzato nella prevenzione, la diagnosi ed il trattamento delle malattie dell’apparato urinario sia dell’uomo che della donna e dell’apparato genitale maschile. Pertanto, contrariamente a quanto molti pazienti credono, la visita urologica non è esclusiva degli uomini ma viene eseguita anche nelle donne.

Spesso si fa anche confusione tra urologo e nefrologo. Entrambe queste figure si occupano delle malattie dei reni ma all’urologo compete più specificamente la diagnosi ed il trattamento chirurgico dei calcoli e dei tumori renali.

Da quest’ultimo punto emerge un altro dato che molti ignorano: l’urologo è un chirurgo. Pertanto un urologo si occupa del trattamento chirurgico oltre che della terapia medica delle malattie uro-genitali di sua competenza.

Infine, è bene specificare la differenza tra urologo e andrologo. Ad oggi non esiste una specializzazione in Andrologia in Italia, pertanto l’andrologo è in genere un urologo (o un endocrinologo) che si è perfezionato in andrologia, cioè nella diagnosi ed il trattamento delle malattie dell’apparato genitale maschile (con particolare focalizzazione sulle disfunzioni sessuali e l’infertilità maschile).

 

L’apparato urinario e genitale maschile

L’urologo, come detto, è il medico dell’apparato urinario e dell’apparato genitale maschile. Appare pertanto utile definire gli organi di sua competenza, in quanto, se un paziente ha una patologia/disturbo a carico di uno di questi organi, l’urologo è il medico a cui si dovrebbe rivolgere, andrebbe cioè effettuata una visita urologica.

Apparato urinario (presente sia nell’uomo che nella donna):

  • Reni: i due organi che filtrano il sangue dalle sostanze di scarto producendo l’urina. Sono anche responsabili della produzione di alcuni ormoni ed enzimi (eritropoietina, vitamina D, renina)
  • Ureteri: i due tubi che dai reni convogliano l’urina in vescica
  • Vescica: il contenitore dove si raccoglie l’urina prima dell’espulsione
  • Uretra: il canale attraverso il quale l’urina viene espulsa dal corpo a partire dalla vescica

 

Apparato genitale maschile:

  • Pene: l’organo riproduttivo maschile
  • Testicoli: due organi posti all’interno dello scroto che producono spermatozoi (le cellule necessarie per la fecondazione dell’ovulo femminile) e testosterone (un importante ormone sessuale maschile)
  • Epididimi: due organi localizzati dietro ai testicoli all’interno dei quali avviene la maturazione degli spermatozoi che li rende capaci di muoversi e fecondare l’ovulo femminile
  • Prostata: ghiandola posta sotto la vescica ed esplorabile tramite il retto che produce una parte del liquido seminale
  • Vescicole seminali: due organi collocati alla base della prostata che producono la maggior parte del liquido seminale

 

Cos’è la visita specialistica urologica?

La visita urologica è la visita medica che viene effettuata dall’urologo. Durante tale visita, l’urologo indaga lo stato di salute dell’apparato urinario e/o dell’apparato genitale maschile. Quando la visita è del tutto incentrata sull’apparato genitale maschile si parla più propriamente di visita andrologica.

Lo scopo della visita urologica è fornire al paziente informazioni dettagliate riguardanti lo stato di salute del suo apparato uro-genitale ed eventualmente prescrivere gli accertamenti diagnostici o le misure terapeutiche più appropriate per risolvere la problematica del paziente.

 

Quando è indicata la visita specialistica urologica?

Dovresti sottoporti ad una visita specialistica urologica per la prevenzione, la diagnosi e/o il trattamento delle seguenti condizioni:

  • Iperplasia prostatica benigna. Si tratta di una condizione frequentissima conseguente all’ingrossamento della prostata, che causa disturbi urinari più o meno intensi (es: getto urinario debole, frequente stimolo di andare ad urinare, necessità di alzarsi diverse volte la notte per andare ad urinare, sensazione di svuotamento vescicale incompleto)
  • Calcolosi renale. I calcoli possono essere asintomatici e scoperti casualmente facendo degli esami radiologici per altri motivi, in alternativa possono causare fastidio o addirittura intensi attacchi dolorosi nella regione lombare e del fianco (coliche renali)
  • Prostatite. Causa un fastidio/dolore a sede variabile (regione tra i testicoli e l’ano, regione sovrapubica, testicoli) e disturbi urinari (es: frequente stimolo di andare ad urinare, bruciore quando si urina). Può diventare cronica e perciò particolarmente fastidiosa
  • Cistite. Si manifesta con frequente stimolo di andare ad urinare e bruciore quando si urina. Le cistiti possono diventare ricorrenti e perciò particolarmente fastidiose
  • Tumore della prostataTutti gli uomini a partire dai 40-50 anni dovrebbero iniziare il programma di prevenzione del tumore della prostata sottoponendosi a visite periodiche dall’urologo
  • Tumore della vescica. Si presenta tipicamente con sangue nelle urine (ematuria). I fumatori sono a particolare rischio.
  • Tumore del rene
  • Tumore del testicolo

 

Altre condizioni in cui è consigliato sottoporsi ad una visita dall’urologo sono patologie del pene, disfunzioni sessuali (tra cui disfunzione erettile ed eiaculazione precoce) ed infertilità. In tal caso però è più corretto parlare di visita andrologica.

 

Come prepararsi alla visita specialistica urologica?

Se sei ad una “prima visita” l’urologo ancora non conosce te, il tuo stato di salute generale e soprattutto la tua storia medica urologica. Per aiutarlo a comprendere bene i tuoi problemi (e dunque per ricevere la migliore assistenza possibile) ricordati di portare con te tutta la documentazione medica in tuo possesso e la lista dei farmaci che assumi regolarmente.

Se sei ad una “visita di controllo” (e dunque già sei stato precedentemente a visita dallo stesso urologo), ricorda comunque di portare con te il referto dell’ultima visita effettuata oltre ai referti di tutti gli esami diagnostici richiesti dall’urologo durante l’ultima visita. Il referto dell’ultima visita effettuata è fondamentale perchè è impossibile ricordare con precisione la storia di ogni singolo paziente e ricostruirla ogni volta da zero può essere difficile e comportare una notevole perdita di tempo.

Alcune importanti regole generali:

  • La documentazione più importante da portare con te ovviamente è quella urologica (precedenti visite, referti di esami, prescrizioni di trattamenti eseguiti), ma se hai dubbi in merito porta sempre tutta la documentazione con te
  • Il fatto che l’urologo abbia già visto un documento/referto non vuol dire che non avrà bisogno di rivederlo, pertanto portalo comunque sempre con te
  • Ricorda che sarai di fronte ad un medico, perciò non avere timore di fare tutte le domande che ti vengono in mente e non vergognarti di parlare di problematiche inerenti la sfera sessuale
  • La documentazione più importante da portare con te ovviamente è quella andrologica (precedenti visite, referti di esami, prescrizioni di trattamenti eseguiti), ma se hai dubbi in merito porta sempre tutta la documentazione con te
  • Il fatto che l’andrologo abbia già visto un documento/referto non vuol dire che non avrà bisogno di rivederlo, pertanto portalo comunque sempre con te
  • Ricorda che sarai di fronte ad un medico, perciò non avere timore di fare tutte le domande che ti vengono in mente e non vergognarti di parlare di problematiche inerenti la sfera sessuale
  • L’igiene intima è una buona norma in ogni occasione, soprattutto prima di una visita medica

 

Come si svolge una prima visita specialistica urologica?

Nella prima parte della visita (anamnesi), l’urologo intervista il paziente raccogliendo il maggior numero di informazioni possibili sulla sua storia clinica e la sua attuale condizione urologica. L’urologo inizia la visita urologica generalmente chiedendo al paziente quale sia il motivo dell’appuntamento, dopodichè con domande mirate cerca di indagare i sintomi e risalire alle cause/fattori di rischio che potrebbero aver portato ai disturbi lamentati dal paziente.

La seconda parte della visita (esame obiettivo) consiste nell’esame clinico del paziente. Durante questa fase l’urologo osserva e palpa l’addome e/o l’area genitale maschile alla ricerca di eventuali alterazioni, sulla base delle informazioni raccolte nella fase precedente. Se necessario, in questa parte della visita si svolge negli uomini l’esplorazione rettale per la valutazione della prostata.

Nell’ultima parte della visita, a seconda dei dati ottenuti, al paziente potranno essere prescritti ulteriori esami diagnostici (es: esame delle urine, urinocoltura, uroflussimetria, ecografia, TAC, risonanza magnetica) e/o fornite specifiche indicazioni terapeutiche (es: integratori, farmaci, intervento chirurgico), mettendolo a conoscenza delle eventuali alternative possibili, ciascuna con i propri pro e contro.

Durante tutte le fasi della visita, l’urologo fornisce in modo completo, dettagliato chiaro e semplice tutte le spiegazioni necessarie alla corretta comprensione del suo stato di salute da parte del paziente.

 

Controindicazioni alla visita specialistica urologica

La visita urologica non presenta alcuna controindicazionené rischi di alcun tipo.

Ecografia dell’apparato urinario

Cos’è l’ecografia dell’apparato urinario

L’ecografia è un esame diagnostico non invasivo che utilizzando onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni)  emesse da una sonda poggiata sulla pelle del paziente permette di visualizzare gli organi sottostanti.
È un esame semplice e rapido. Inoltre, non utilizzando radiazioni ionizzanti, risulta totalmente sicuro potendo essere utilizzato anche con pazienti in gravidanza o in età infantile.
L’ecografia dell’apparato urinario è una tipologia di ecografia addominale che permette all’urologo di studiare l’apparato urinario. In particolare questa ecografia permette di studiare i renila vescica (ma generalmente non gli ureteri) e la prostata (per via sovrapubica).

 

Indicazioni per l’ecografia dell’apparato urinario

L’ecografia dell’apparato urinario è particolarmente indicato in diversi casi:

  • Coliche renali. L’ecografia costituisce l’esame diagnostico di primo livello nel sospetto di calcolosi.
    calcoli renali si presentano tipicamente come corpi bianchi (iperecogeni) con cono d’ombra (nero) posteriore. In caso i calcoli siano in uretere e lo ostruiscano saranno visibili solo segni indiretti della loro presenza come la dilatazione del sistema calico-pielico (idronefrosi) a monte.
  • Macroematuria (sangue nelle urine visibile ad occhio nudo).
    L’ecografia è l’esame diagnostico di primo livello in caso di ematuria, permette infatti di verificare la presenza di eventuali masse renali o neoformazioni vescicali che possono giustificare il sanguinamento.
    È importante sottolineare che i tumori renali, essendo generalmente asintomatici, vengono spesso diagnosticati casualmente con una ecografia di routine o fatta per altri motivi.
  • Disturbi urinari (es: getto debole, sforzo minzionale, sensazione di svuotamento incompleto).
    Questi sintomi sono spesso da imputare all’iperplasia prostatica benigna che causa ostruzione vescicale.
    L’ecografia in questo caso permette di valutare le dimensioni della prostata (in modo meno preciso rispetto l’ecografia transrettale), di studiare la parete vescicale (spessore, presenza di diverticoli), di ricercare eventuali calcoli vescicali e di misurare il residuo post-minzionale (ripetendo l’ecografia dopo aver svuotato la vescica)

 

Preparazione del paziente all’ecografia dell’apparato urinario

L’ ecografia dell’apparato urinario richiede una moderata distensione vescicale, ottenibile astenendosi dall’urinare nelle 2 ore prima dell’esame e bevendo un litro d’acqua nell’ora precedente all’esame.
Il motivo per il quale il paziente deve presentarsi a controllo con la vescica piena è molto semplice: per poter vedere un organo cavo durante l’ecografia è necessario che sia presente del liquido al suo interno, altrimenti l’organo cavo risulta invisibile.

Se si deve valutare il residuo post-minzionale (RPM) è fondamentale che la vescica del paziente non sia superdistesa dall’urina, altrimenti questa riduce la sua capacità di svuotamento e ne risulta un valore di residuo erroneamente elevato.

 

Svolgimento dell’ecografia dell’apparato urinario

Dopo aver applicato una piccola quantità di gel su di essa, l’urologo appoggia la sonda sulla pelle del paziente (a livello lombare per i reni, a livello sovrapubico per la vescica e la prostata) e inizia a muoverla per lo studio degli organi sottostanti.
Al paziente può essere chiesto di cambiare posizione durante l’esame per agevolare la visualizzazione degli organi (in particolare dei reni). L’ecografia dell’apparato urinario è assolutamente indolore e la sua durata solitamente è di circa 10-20 minuti.